Montebello della Battaglia – Via Emilia

  • Bell’Italia“, Monumento-Ossario ai caduti della Seconda Guerra d’Indipendenza Italiana, 20 maggio 1859, sec. XIX
  • Monumento al Cavalleggero, opera dello scultore Giovanni Bellora, sec. XIX
  • Chiesa Parrocchiale dei Santi Gervasio e Protasio, sec. XVII
  • Palazzo Dal Pozzo, sec. XVI – XVII (antico monastero)
  • Palazzo Beccaria Bellocchio, sec. XV
  • Palazzo De Ghislanzoni, sec. XVIII (ospitò nel 1926 Umberto di Savoia, Principe di Piemonte, e nel 1931 San Luigi Orione)

  

Monumento ossario “ Bell’italia “  ( fonte Wikipedia )
L’ossario è eretto a memoria dei caduti della battaglia di Montebello del 20 maggio 1859 presso l’antico cimitero e contiene le spoglie dei soldati morti nel conflitto. Il camposanto fu trasferito nel 1890 e nel 1958, in occasione del centenario della battaglia, al suo posto dove avvenne lo scontro, è stato realizzato il “Parco Lancieri di Montebello“. Il monumento fu progettato dallo scultore milanese Egidio Pozzi in forma di tempietto greco di stile dorico e realizzato in pietra di Verona. Venne inaugurato il 20 maggio 1882 da Tommaso di Savoia, allora Duca di Genova[15], e completato nel 1906 con l’aggiunta di ulteriori gradoni a quello preesistente alla base . Soprannominato “Bell’Italia” dagli abitanti del paese con riferimento alla statua posta in cima raffigurante l’Italia, la leggenda vuole che il volto della scultura riproduca le fattezze della moglie dell’artista, la montebellese Severina Minoprio. Fu restaurato nel 2009 in occasione del 150° anniversario dell’Unità d’Italia

 

Monumento al Cavalleggero  ( fonte Wikipedia )
La statua, inaugurata il 20 maggio 1868, fu realizzata dallo scultore milanese Bellora per commemorare i cavalleggeri che presero parte allo scontro del 1859. Il monumento, realizzato in marmo di Carrara, sorge in Piazza Indipendenza e raffigura un alfiere di cavalleria che impugna una sciabola e uno stendardo. Sul piedistallo sono riportate le seguenti parole:

« Onore a voi
cavalleggeri di Novara, di Aosta, di Monferrato
che il dì 20 maggio dell’anno 1859
nei campi di Montebello
coi ripetuti assalti sgominaste
l’invasore austriaco
pochi di numero. Eppure grande ajuto
alla vittoria
delle federate armi di Francia
Onore a voi che avete mostrato al Mondo
come il soldato italiano
a piedi a cavallo
non è secondo a nessuno de più lodati.  »

 

Montebello della Battaglia
PALAZZO DAL POZZO   ( fonte Gian Pietro Scaglia )
Sec. XVI
Sul versante sud della collinetta della Chiesa, sorge l’antico Palazzo Dal Pozzo, un imponente quadrilatero con un tratto aperto verso levante e con al centro un vasto cortile porticato su due lati (anticamente era il Chiostro ed era porticato su tutti i quattro lati).
Il fabbricato attuale è stato iniziato nel 1580 e terminato nel 1666.
Questa collinetta era anticamente cinta da mura al cui interno sorgeva il Castello, proprietaria del quale era la famiglia pavese dei Dalconte, feudataria del paese.
Nel 1094 il milite Uberto, membro di questa casata, donava ai Monaci Benedettini alcuni edifici limitrofi alla chiesa romanica intitolata ai SS. Gervasio e Protasio, oltre a parecchi terreni, perché essi potessero fondare un’Abbazia, con l’obbligo che la stessa fosse messa sotto la protezione della Santa Sede, per svincolarla dalla giurisdizione del Vescovo di Piacenza. Cosa che detti Frati subito fecero. Ed infatti, il 29 giugno dell’anno stesso, Papa Urbano II° firmò la Bolla di fondazione dell’Abbazia, pure essa intitolata ai SS. Gervasio e Protasio.
Ancora non sappiamo se fu all’interno di questo Monastero, o nel vicino Castello, oppure molto più probabilmente nella sottostante pianura, che l’imperatore Federico Barbarossa firmò con i delegati dei Comuni Lombardi, la famosa “pace di Montebello”, il 17 aprile 1175.
Certo è invece che questi monaci Benedettini bonificarono e lavorarono i terreni sottostanti, irrigandoli con la costruzione della roggia Molinara, derivata dall’acqua del torrente Schizzola.
Nel 1484, ai Benedettini subentrarono i Monaci Girolamini, i quali, verso la fine del 1500, acquistarono dai Beccaria il sedime dell’antico Castello ormai in rovina, lo abbatterono e sullo stesso luogo, iniziarono a costruire un nuovo Monastero, terminandolo appunto nel 1666. Due anni dopo,essendo l’antica Chiesa romanica di Montebello, parte integrante della loro Abbazia, la demolirono, forse perché troppo piccola, oppure pericolante, costruendo l’attuale in stile barocco ed inaugurandola nel 1675.
Nel 1782 il Re di Sardegna, Vittorio Amedeo 3° (d’accordo con Papa Pio VI) soppresse il Monastero, incamerandone i beni, i quali furono acquistati del N.H. Giuseppe Giorgi, ex chierico, appartenente ad un’importante famiglia Decurionale pavese.
Il palazzo venne restaurato, intonacato esternamente ed aperto sul lato di levante verso la fronteggiante collina della sottostante valle del Coppa, dandogli parzialmente l’aspetto di una villa di campagna.
Nel 1788, alla morte del N.H .Giuseppe Giorgi, subentra il fratello N.H .Antonio, sposato, ma senza prole. Morirà nel 1796 estinguendo il ramo principale dell’antichissima famiglia Giorgi e lasciando erede il pronipote N.H. Pio Beccaria, di antica famiglia pavese, con la condizione di aggiungere “Giorgi” al proprio cognome.
Alla morte di questi, nel 1817, la proprietà passa al N.H. Pietro Martire, fratello del defunto e pure lui scapolo. Per molti anni egli veniva a trascorrere lunghi periodi di tempo al “Monastero” (ancora il palazzo veniva così denominato), preferendolo come villeggiatura al proprio Castello di Pietra de Giorgi.
Don Pietro Martire moriva nel 1843 ad oltre 90 anni (esiste ancora a Montebello un suo ritratto) lasciando la proprietà alle pronipoti Marianna e Margherita Eotwos, figlie della nipote marchesa Teresa Beccaria, la quale in 1° nozze aveva sposato il marchese Botta Adorno di Branduzzo ed in 2°, il maggiore dell’esercito austro-ungarico, barone Giovanni Eotwos, ungherese.
Donna Marianna (1819-1908) sposerà il N.H. Francesco Homodei (1820-1886), patriota prima e prefetto in varie città poi, mentre Donna Margherita (1823-1861) sarà moglie di Ferdinando Dal Pozzo (1822-1881), conte di Castellino e S.Vincenzo.
Negli anni ‘880 la figlia della prima sorella (donna Pina 1848-1940) ed un figlio della seconda (conte Carlo, 1849-1898) si uniranno in matrimonio consolidando nelle mani della nobile famiglia piemontese dei Dal Pozzo l’antico fabbricato, dove tuttora sono racchiusi in archivio documenti storici, che spaziano in un periodo di oltre 700 anni.
Purtroppo fra incuria e furti questi, pur essendo vincolati dalla Sovrintendenza, stanno velocemente deperendo, come pure l’antico palazzo che li ospita.

 

Montebello della Battaglia
PALAZZO BECCARIA-BELLOCCHIO-PREMOLI  ( fonte Gian Pietro Scaglia )
Sec. XV
E’ il più antico palazzo del paese costruito nell’anno1472.
Proprio sulla sommità della collina della Chiesa sorge un grande fabbricato, sormontato da un’alta torre che attualmente termina con una terrazza, ma fino all’inizio del secolo scorso (come si può vedere in vecchie foto), era coperta da tetto a tegole.
Questa costruzione è senz’altro il più antico palazzo di Montebello. Risale, infatti, al 1472 e fu edificata dalla famiglia Beccaria, a quel tempo feudataria del paese.
Di certo sappiamo che già nei primi decenni del 1500 apparteneva, oltre che ai Beccaria, anche alla nobile famiglia decurionale pavese dei Bellocchio, i quali la possederono poi, per oltre 300 anni.
Nel 1851 il conte Giuseppe Bellocchio vendeva la parte superiore del palazzo, comprendente anche la torre (ossia la parte nella piazza) e la metà del giardino all’avv. Ernesto Ghislanzoni (che qualche anno dopo ebbe il titolo baronale), mentre la parte inferiore, con l’altra metà del giardino, era acquistata per lire 12.000 dal Comune di Montebello (Sindaco era allora il marchese Luigi Bellisomi) per trasferirvi Municipio, scuole ed abitazione dei dipendenti comunali.
Nel 1868 in occasione dell’inaugurazione del monumento al Cavalleggero, la parte comunale del palazzo fu completamente restaurata su progetto dell’ingegnere Giuseppe Billotta e sulla parte centrale della facciata, di spalle al monumento, fu costruito in muratura un medaglione, poi affrescato con lo stemma comunale (due draghi rampanti con nel mezzo un albero, ossia il blasone appartenuto alla famiglia Delconte, antica feudataria del paese, estintasi nel 1864).
Più tardi, nel 1893, con entrata dalla salita della Chiesa, fu lì aperto il primo ufficio postale di Montebello, con l’aggiunta, qualche anno dopo, di quello telegrafico.
In questo palazzo, per oltre 70 anni, parecchie generazioni di montebellesi impararono a leggere e scrivere, altri amministrarono il paese ed altri ancora si recarono in “sala” ( così veniva chiamato il Municipio) per esigenze burocratiche. Poi nel 1923-24, dopo la costruzione dell’attuale edificio scolastico-municipale, la famiglia De Ghislanzoni acquistò dal Comune la parte che questi possedeva, unificando così tutta la proprietà del palazzo.
Nel 1942, alla morte del barone don Ernestino, la figlia Eugenia, sposatasi con il conte Premoli, ne divenne erede.
E da qui inizia la lenta ma inesorabile decadenza del fabbricato. Prima infelici ristrutturazioni lo avevano privato delle due basse ali che delimitavano il cortile, poi iniziava il deperimento della parte ex comunale. Comunque fino a metà degli anni ‘960 la villa era abitata ed in occasione della commemorazione della battaglia del XX Maggio, lì veniva offerto il rinfresco ai partecipanti.
In seguito però, l’incuria dei proprietari ha fatto sì che l’intero fabbricato si sia deteriorato a tal punto da renderne impossibile l’abitabilità.
L ‘auspicio è che i nuovi eredi riescano a trovare il modo di conservare per Montebello, quell’inconfondibile e signorile immagine che da più di 500 anni, torre e palazzo rappresentano a chi transita nella sottostante strada “Romera”.

 

Montebello della Battaglia
CHIESA DEI SS. GERVASIO E PROTASIO  ( fonte Gian Pietro Scaglia  )
Sec. XVII
Il primo documento storico in cui è citato Montebello è la bolla papale di Urbano II del 1094. Il nobile cavaliere Uberto Delconte, in unione ai i suoi parenti, donò all’ordine Benedettino la chiesa dei Santi Gervaso e Protaso nei pressi del castello con il patto che i monaci offrissero il monastero a San Pietro ossia si mettessero sotto la protezione del Sommo Pontefice. Questa condizione venne adempita nello stesso anno dall’Abate Alberto che recatosi a Roma ne conseguì dal Papa la relativa bolla.
Questo è quello che sappiamo di certo anche se è assai probabile che la chiesa esistesse già da molto tempo prima. In particolare è ragionevole pensare che già dal tardo impero quando, il cristianesimo si stava diffondendo, fosse sorta una piccola cappella dedicata ai santi Gervaso e Protaso molto in auge in quel periodo dopo il ritrovamento a Milano della loro tomba per opera di Sant’Ambrogio.
È ragionevole pensare che attorno agli anni in cui fu promulgata la bolla fu costruita l’antica chiesa Romanica a tre navate le con l’altare principale rivolto ad est, verso Gerusalemme, le cui tracce sono ancora visibili in varie parti dell’attuale edifico.
La storia della Parrocchia di Montebello è inevitabilmente legata a quella del Monastero. Alle origini faceva parte della Diocesi di Piacenza. Tale abbazia dovevette essersi resa benemerita in quanto nel 1122 il nuovo Abate Graziano ottenne dall’allora Vescovo di Piacenza Aldo notevoli concessioni di decime.
Successivamente i Frati Gerolamini, subentrati ai Benedettini nel 1484, decisero di ricostruire il Monastero. A causa delle continue guerre, il progetto si concretizzò soltanto nella seconda metà del 1600. Grande importanza per la realizzazione dell’opera ancora oggi si deve al prestigio del montebellese Padre Floriano Marcellini, il quale, fu Generale dell’Ordine dei Girolamini, e riuscì a trovare i fondi necessari per terminare il Monastero nel 1666 (attuale Palazzo Dal Pozzo) e costruire la nuova ed elegante Chiesa Parrocchiale barocca fra il 1668 e il 1675 anno dell’inaugurazione. Opera dell’insigne architetto ticinese Domenico Taddei. La Chiesa venne consacrata da Mons. Settala Vescovo di Tortona delegato dal Vescovo di Piacenza impossibilitato ad officiare la celebrazione.
Nel 1782 avvenne la soppressione del monastero dei Santi Gervaso e Protaso. L’effetto fu che la Parrocchia di Montebello, privata dei benefici ecclesiastici, con la sola chiesa e canonica annessa, da allora fu retta da parroci secolari e non più regolari come era stato fino dall’origine.
Nel 1817 in seguito alla ristrutturazione delle diocesi, dopo il periodo Napoleonico, la Parrocchia di Montebello passò dalla Diocesi di Piacenza alla Diocesi di Tortona.

 

Montebello della Battaglia
PALAZZO DEI GHISLANZONI ( fonte Gian Pietro Scaglia )
Sec. XVIII
In Via Morelli di Popolo, quasi di fronte alla Scalinata Beuret, sul lato di levante della strada, c’è un bel palazzo, di non grandi proporzioni, ma d’austero aspetto, in mattoni a vista, con retrostante giardino, al quale fa seguito un “brolo” ripidamente degradante nella sottostante valle del Coppa.
Il corpo centrale del fabbricato fu costruito nei primi anni del 1700 dalla famiglia Dalconte, mentre l’ala aggiunta verso levante, è dell’inizio del 1900.
Dove ora c’è l’elegante cancello di ferro battuto, prima vi era un portone di legno che chiudeva un tradizionale “voltone” in cotto, attraverso al quale si entrava nel cortile civile. Il complesso comprendeva anche la parte agricola (limitrofa e sud di quella civile) composta da cascine, stalle, torchio e casa dei contadini . Corrispondeva all’attuale proprietà Barbieri e confinava con la casa Minoprio.
Apparteneva ai Delconte Plessa, un ramo della nobile famiglia pavese dei Delconte.
Nella 2° metà del 1700, proprietario era il N.H. Giovanni Delconte Plessa, il quale oltre a questa proprietà possedeva a Montebello terreni per quasi 700 pertiche.
Il figlio Giuseppe ereditò tutto il patrimonio, per trasmetterlo a sua volta alla propria figlia, donna Teresa, la quale aveva sposato Luigi Borsieri ed era presto rimasta vedova dopo la nascita della figlia Maria.
Donna Teresa morì a Pavia il 7-11-1828, lasciando il Palazzo, i rustici ed i terreni (nel frattempo ridottisi a 400 pertiche) alla figlia suddetta, maritata Sirtori ed a sua volta già vedova.
Donna Maria Borsieri Sirtori non doveva avere molto affetto per la casa di Montebello, in quanto già l’anno seguente la vendette al sig. Giuseppe Moretti, professore all’Università di Pavia, per lire 12.937, scorporandola dalla parte agricola che invece alienò all’avvocato pavese Giuseppe Spadini.
La casa di villeggiatura passò presto ancora di proprietà, infatti, già nel 1836 il prof. Moretti la rivende all’ing. Luigi Robecchi, sempre di Pavia.
La famiglia Robecchi, molto nota a Pavia nell’ambiente scientifico ed universitario, la conserverà per quasi 70 anni, trascorrendovi lunghi periodi di villeggiatura.
L’ing. Luigi Robecchi, classe 1782, morì il 9-6-1859, pochi giorni dopo la battaglia di Montebello.
La proprietà passò al figlio Ercole, pure lui ingegnere e docente universitario. Cesserà di vivere nel 1879 a soli 49 anni. La moglie, Rosa Fiocca (morta nel 1905), terrà ancora per parecchi anni la proprietà, in quanto i montebellesi a quel tempo identificavano il luogo come “casa della Robecca”.
Nei primi anni di questo secolo la proprietà è dell’avv. Lanzone De Ghislanzoni, il quale, avendo da poco tempo sposato la viennese donna Anita Vollert, restaura ed in parte ristruttura l’antica casa Delconte-Plessa, dandogli le sembianze dell’attuale palazzo. “Don” Lanzone sarà Podestà di Montebello e dal 1942, alla morte del fratello “don” Ernestino, gli succederà nel titolo baronale.
Morirà nel 1947 (tre anni dopo la moglie donna Anita) lasciando il Palazzo in eredità al nipote “don” Ernesto (1909-1983), figlio del fratello Ghisla.
Attualmente l’edificio è in buone condizioni strutturali, ma bisognoso di un completo restauro interno, in parte già parzialmente effettuato.
Ha avuto il suo giorno di gloria nel 1926, quando domenica 21 novembre, ha ospitato fra le sue mura Umberto di Savoia, allora principe di Piemonte ed in seguito, ultimo Re d’Italia. Famosa è la foto riprodotta su cartolina postale, del Principe ereditario al balcone mentre saluta i montebellesi plaudenti.